I motivi della Cassazione su un falso concorso in tentato omicidio

Il giudice di Appello del Tribunale di Cagliari da un lato afferma che io nel momento in cui ero sopraggiunto nel luogo del fatto, avevo compreso cosa fosse successo, mentre nella parte finale della motivazione sostiene la irrilevanza del fatto che io sapessi quanti colpi mio padre aveva inferto al Floris e che non fossi in grado di valutare se l’azione di mio padre potesse configurare il reato di tentato omicidio. Ma l’azione di mio padre si era già conclusa al momento in cui ero giunto, pertanto, la mia condotta non poteva connotarsi nel dolo dell’omicidio con l’esclusione dal concorso nel reato. E’ contradditoria la motivazione dove si sostiene che il mio vizio parziale di mente non fosse tale da incidere sulle mie capacità cognitive, che avevo compreso immediatamente cosa fosse accaduto al momento del mio arrivo in garage, in ragione del fatto che mi sono laureato, circostanza non accertata. Il giudice di seconde cure ha operato una valutazione in contraddizione con quanto era stato ritenuto nella sentenza a carico di mio padre, dove le circostanze di fatto sono avvenute prima che io intervenissi non potendo neppure conoscerle. L’azione di istigazione di mio padre a proseguire l’azione aggressiva, è stata esclusa in dibattimento dal testimone Giorgio Careddu e la Cassazione denuncia la illogicità della motivazione della Corte d’Appello la quale ha ritenuto inattendibile il testimone Careddu. Sotto il profilo della violazione di legge, viene rilevato che il tentativo di raggiungere il Floris, non può essere ritenuto idoneo a cagionare la morte di una persona. La violazione di legge viene ulteriormente denunciata dalla Corte di Cassazione per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Viene denunciata la violazione di norma processuale in relazione alla utilizzazione di verbali come prove assunte in altro processo, in mancanza del mio consenso, espressamente negato. Viene rilevato, che sia il giudice di primo grado che la Corte d’Appello hanno utilizzato il verbale delle dichiarazioni rese dal testimone Careddu nel processo di mio padre. Erroneamente, la Corte d’Appello ha sostenuto l’utilizzabilità delle dichiarazioni del teste Careddu nell’altro processo, asserendo che le stesse sono state utilizzate in questo dibattimento per contestare le dichiarazioni del testimone, mentre le dichiarazioni contestate non possono essere utilizzate a fine di prova. La Cassazione si duole, inoltre, del riferimento fatto a presunte ed infondate minacce subite dal testimone Careddu che giustificherebbero l’acquisizione delle precedenti dichiarazioni. Anche l’utilizzazione delle dichiarazioni rese dal Floris Francesco nel processo di mio padre, vengono contestate dalla Cassazione sotto il profilo della violazione di legge e del vizio della motivazione. Deve essere esaminata la denunciata violazione delle norme processuali, per l’utilizzazione, ai fini della ricostruzione dei fatti, non soltanto da quanto accertato con la sentenza di mio padre, ma anche delle prove assunte nel mio procedimento. Violazioni processuali nell’acquisizione di elementi di prova sulla mia condotta, devono essere verificate preliminarmente alla valutazione operata dai giudici. Il giudice di primo grado, ha utilizzato, senza il consenso delle parti, le dichiarazioni rese dal testimone Careddu nell’altro processo, e la Corte d’Appello ha sostenuto l’utilizzabilità di tali dichiarazioni che sono state fatte oggetto di contestazione durante l’esame del testimone in codesto dibattimento. Nell’esaminare le doglianze difensive, la Corte d’Appello ha operato una valutazione “non chiara” formulando una pluralità di alternative non corrette. I giudici di Appello non hanno escluso che la ricostruzione del fatto si stata fondata anche su circostanze riferite dal teste Careddu, tratte dal verbale del procedimento di mio padre, non del tutto sovrapponibili a quelle indicate dal teste Careddu nel corso d’esame di codesto dibattimento. La Corte d’Appello ha affermato che l’utilizzazione dei verbali di prove raccolte con le dichiarazioni del teste Careddu nel processo di mio padre, sono stati correttamente utilizzati, essendo venuto il mio consenso. Tale ultima affermazione, secondo la Corte di Cassazione, non può ritenersi corretta, perchè le contestazioni formulate al testimone non sono utilizzate come prove, ma solo per la valutazione della credibilità del testimone. Risulta scarsamente compiuta, la valutazione della Corte d’Appello secondo la quale sarebbe stata legittima l’utilizzazione dei verbali delle dichiarazioni rese dal teste Careddu nel processo di mio padre. La legge impone un esame compiuto che non è stato fatto, non vi è la sussistenza dei presupposti che mi incolpano di aver fatto pressioni al teste Careddu al momento del fatto accaduto. Se così fosse, tali avrebbero inquinato anche le dichiarazioni già rese dal Careddu al dibattimento del processo di mio padre. Non risulta risolutiva la considerazione che la testimonianza resa nel presente processo dal Careddu, non era idonea a scagionarmi, in quanto, comunque coerente con la dinamica ricostruita dal Floris Francesco e dal testimone Olandru Marco. Sul punto, quindi, le mie censure a difesa sono fondate per la Cassazione ed impongono la rivalutazione del giudice d’Appello. Alcuni rilievi da me mossi a ricorso in ordine alla sussistenza del reato di concorso, devono essere esaminate alla luce delle circostanze di fatto, cioè per quanto si afferma nella sentenza da me impugnata, ero sopraggiunto nel garage dove c’è stata la lite. La Corte d’Appello ha evidenziato ai fini del concorso, come io avevo voluto condividere l’azione di mio padre, intimando con fine minaccioso al teste Careddu di lasciare mio padre, inseguendo poi il Floris, insieme a mio padre, al di fuori dello stabile condominiale. La Corte d’Appello ha ritenuto che l’azione criminosa, diretta ad uccidere Floris, era ripresa immediatamente dopo con modalità tali da non lasciare dubbi sulla idoneità degli atti successivi scongiurati dai soccorritori del Floris. Secondo la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello non ha indicato, tuttavia, quali siano stati gli atti idonei, ulteriori e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte del Floris, rispetto a quelli che erano stati posti in essere da mio padre, e su quali non avevo in alcun modo partecipato né materialmente né moralmente. Non è dato cogliere in cosa si sostanzi l’ulteriore azione aggressiva contro il Floris, posta in essere da mio padre con la mia partecipazione. Non viene indicato in sentenza alcun elemento che sia emerso in ordine al fatto che io e mio padre avessimo colpito o tentato di colpire Floris. Gli stessi giudici d’Appello hanno sostenuto che a me non può essere attribuito il concorso nella precedente condotta di mio padre, ma soltanto la partecipazione dell’azione successiva, avendo compreso cosa fosse accaduto prima del mio arrivo in garage, nonostante l’accertato vizio parziale di mente. Secondo la Cassazione, non può configurarsi il concorso di persona, neppure come una compartecipazione morale, nella sola condotta successiva di adesione psicologica ad un fatto criminoso da altri commesso. Il concorso morale, in specie, può precedere l’esecuzione del reato o esprimersi nel corso della fase esecutiva, ma non successivamente al reato consumato. Sul punto, quindi, anche il giudice del rinvio dovrà procedere alla verifica della ricostruzione dei fatti, alla valutazione della mia condotta, ai fini della configurabilità del concorso in tentato omicidio di mio padre. Vengono assorbite dalla Cassazione, le mie censure a difesa, in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla quantificazione della pena.

I motivi della Cassazione su un falso concorso in tentato omicidioultima modifica: 2015-09-28T13:39:55+02:00da patrizio-indoni
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