E noi li paghiamo pure da morti…

Andreot.jpgL’elenco completo dei 2.238 (1.377 ex deputati e 861 ex senatori che prendono il vitalizio parlamentare) cui si devono aggiungere le 1.064 reversibilità per un totale di 3.302 . Montecitorio (dati 2006) ha in carico 2005 pensionati (1.377 ex deputati, più le 628 reversibilità erogate a moglie e figli di parlamentari defunti); Il Senato (dati 2006) ha in carico 1297 pensionati (861 ex senatori, piu’ le 436 reversibilità erogate a moglie e figli di parlamentari defunti). In questo elenco non sono compresi gli oltre mille vitalizi di reversibilità pagati ai familiari di parlamentari scomparsi. L’importo dei compensi di ciascun pensionato è stato calcolato da “L’espresso” utilizzando i coefficienti di calcolo previsti dai regolamenti di Montecitorio e Palazzo Madama, basati sulla durata del mandato parlamentare (Anni contributi 5 da 6 a 10 da 11 a 15 da 16 a 20 oltre 20). Bastano pochi anni in Parlamento per maturare un vitalizio che vale da 3.000 a 10.000 euro. L’elenco completo dei 2.238 (reversibilità escluse) ovvero 1.377 ex deputati e 861 ex senatori che prendono oggi il vitalizio parlamentare, con il periodo di contribuzione e l’importo dell’assegno (3.302 ex deputati e ex senatori se si calcolano anche i 1.064 vitalizi di reversibilità erogati a moglie e figli di parlamentari defunti). A seconda degli anni di contribuzione, si va da un minimo di 5 ad un massimo di 30 anni, incassano un assegno che parte da 2.472 per le reversibili e 3.104 euro lordi mensili per arrivare a 9.947 euro lordi mensili. Rivalutazione automatica. Acquisito il diritto, si passa all’incasso. Naturalmente, sfruttando un altro privilegio legato al metodo di calcolo del vitalizio. A partire dal 1996, con la riforma Dini, i lavoratori italiani hanno dovuto dire addio al vantaggioso metodo retributivo, che ancorava la pensione ai livelli di stipendio della parte finale della carriera, per soggiacere ai rigori del contributivo, in base al quale l’ammontare della pensione è legato al valore dei versamenti effettuati nell’arco dell’intera carriera. Come viene calcolato il loro vitalizio? Ancora una volta, deputati e senatori fanno eccezione. Sia alla Camera che al Senato l’ammontare del vitalizio viene calcolato sulla base dell’indennità lorda (12 mila 434 euro) e degli anni di contribuzione. A ciascun anno è legata una percentuale: A ciascun anno è legata una percentuale: (1.830 pensionati il 55.418% del totale pensionati 3.302 reversibilità comprese) – per 5 anni si ha diritto al 25 per cento dell’indennità (Media importo pari a 3.108 euro lordi di vitalizio): Sono 766 con una pensione di 3.108/ 3.978 euro lordi al mese , il 23.198% del totale pensionati. Sono 1.064 le pensioni di reversibilità, con una pensione di 2.472 euro lordi al mese, il 32.22% del totale pensionati; (652 pensionati il 19.74% del totale pensionati 3.302 reversibilità comprese) – per 10 anni si ha diritto al 38 per cento dell’indennità (Media importo pari a 4.725 euro lordi di vitalizio); Sono 634 i pensionati con una pensione di 4.351 / 4.725 euro lordi al mese , il 19.20% del totale pensionati. Sono 18 i pensionati con una pensione di 5.098 / 5.844 euro lordi al mese, lo 0.54% del totale pensionati; (407 pensionati il 12.32% del totale pensionati 3.302 reversibilità comprese) – per 15 anni si ha diritto al 53 per cento dell’indennità (Media importo pari a 6.217 euro lordi di vitalizio); Sono 407 i pensionati con una pensione di 6.217 / 6.590 euro lordi al mese, il 12.32% del totale pensionati; (214 pensionati il 6.48% del totale pensionati 3.302 reversibilità comprese) – per 20 anni si ha diritto al 68 per cento dell’indennità (Media importo pari a 8.455 euro lordi di vitalizio); Sono 214 i pensionati con una pensione di 6.963 / 8.828 euro lordi al mese, il 6.48% del totale pensionati; (199 pensionati il 6.02% del totale pensionati 3.302 reversibilità comprese) – per 30 anni e oltre si ha diritto all’80 per cento dell’indennità (Media importo pari a 9.947 euro lordi di vitalizio). Sono 199 i pensionati con una pensione di Oltre oltre 9.000 euro lordi al mese (da 9.014 a 9.947 euro lordi al mese ), lo 6.02% del totale pensionati. Con una ulteriore blindatura della base di calcolo: la cosiddetta “clausola d’oro” grazie alla quale il vitalizio si rivaluta automaticamente essendo legato all’importo dell’indennità del parlamentare ancora in servizio. Niente male davvero, soprattutto se si vanno a vedere le cifre versate dai parlamentari per riscuotere la pensione. Prendiamo il caso di un deputato cessato dal mandato nell’aprile 2006 ed eletto per la prima volta nel ‘94. Il suo mandato effettivo è di 12 anni, essendosi la XII legislatura (’94-’96) chiusasi anticipatamente dopo appena due. Ma sommando i contributi versati per riscattare i 3 anni mancanti (36 mila euro) a quelli regolarmente pagati durante il mandato (128 mila euro), l’onorevole neopensionato alla fine avrà versato complessivamente circa 164 mila euro per 15 anni di contribuzione. Un ’sacrificio’ che gli consente di incassare oggi un assegno mensile di 6 mila 590 euro lordi. Con quali altri vantaggi? Nell’ipotesi che abbia oggi 57 anni e che viva fino a 87, come ipotizzato dall’onorevole Rutelli, questo deputato incasserà alla fine 2 milioni 372 mila euro a fronte dei 164 mila versati. Un giochino che farà rimettere alla Camera ben 2 milioni 200 mila euro. E per un solo deputato. Sono 3.302 (1.377 ex deputati, 861 ex senatori, e 1.064 reversibilità). Quanto costa tutto questo ai bilanci di Montecitorio e Palazzo madama? Quanto ai costi complessivi, Montecitorio (dati 2006) ha in carico 2005 pensionati (1.377 ex deputati, piu’ le 628 reversibilità erogate a moglie e figli di parlamentari defunti ): gli ex 2.005 deputati a riposo gli/ci costano 127 milioni di euro a fronte dei 9 milioni 400 mila di entrate relative ai contributi versati dai deputati in carica; il che vuol dire una media di 63.341 mila euro lordi a testa l’anno (4.872 lordi al mese), circa 3.410 netti al mese di media. Cifre risultanti dai bilanci di Montecitorio, e sulle quali nutro dei dubbi, risultando infatti dalle tabelle una piu’ presumibile media mensile di 6.000 euro lordi mensili e non quella piu’ prossima alla minimale attorno ai 3.108 che sono solo il 23.16% del totale, ovvero solo 766 (463 Deputati – 303 Senatori) su un totale di 3.302 ex parlamentari pensionati, deputati e senatori; Quanto ai costi complessivi, il Senato (dati 2006) ha in carico 1297 pensionati ( 861 ex senatori, piu’ le 436 reversibilità erogate a moglie e figli di parlamentari defunti ): gli ex senatori a riposo (reversibilità comprese) gli/ci costano 60.0 milioni di euro, a fronte dei 4 milioni 800 mila di entrate ricavate dai versamenti dei senatori in servizio, il che vuol dire una media di 46.260 mila euro lordi a testa (l’anno) (3.558 lordi al mese), circa 2.490 netti al mese di media. Cifre risultanti dai bilanci del Senato, e sulle quali nutro dei dubbi, risultando infatti dalle tabelle una piu’ presumibile media mensile di 6.000 euro lordi mensili e non quella piu’ prossima alla minimale attorno ai 3.108 che sono solo il 23.16% del totale, ovvero solo 766 (463 Deputati – 303 Senatori) su un totale di 3.302 ex parlamentari pensionati, deputati e senatori; Un’autentica voragine che nel 2006 produrrà un “buco” stimato in 172.9 milioni di euro. Anche a questi a carico dei cittadini contribuenti. Fino a quanto reggerà il sistema? “Noi nemmeno ci poniamo il problema”, spiega un funzionario del Senato. Ci pensa lo Stato a ripianare ogni anno il disavanzo. Qualcuno che si scandalizza per queste storture c’è anche in Parlamento. E magari, come il diessino Cesare Salvi, autore con Massimo Villone del bestseller ‘Il costo della democrazia’, invoca pure un intervento legislativo per allineare i parlamentari al resto dei cittadini: “Basta con questi scandalosi trattamenti di favore”, dice, “ci vuole il contributivo per tutti”; Nel 1996 gli ex senatori a riposo erano 752, per un costo di circa 62 miliardi di lire, gli ex deputati a riposo erano 1188 con una spesa di 150 miliardi di lire, + 1.000 vitalizi di reversibilità erogati a moglie e figli di parlamentari defunti con una spesa di 126 miliardi di lire, per una spesa annua totale pari a 169 milioni di euro. Oltre oltre 9.000 euro netti al mese (da 9.014 a 9.947 euro ). Sono 199 i pensionati ricchi, lo 6.02% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 24.5 milioni di euro. 6.963 / 8.828 euro netti al mese. Sono 214 i pensionati ricchi, il 6.48% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 22.25 milioni di euro. 6.217 / 6.590 euro netti al mese. Sono 407 i pensionati ricchi, il 12.32% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 34.76 milioni di euro 5.098 / 5.844 euro netti al mese. Sono 18 i pensionati ricchi, lo 0.54% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 1,287 milioni di euro. 4.351 / 4.725 euro netti al mese. Sono 634 i pensionati ricchi, il 19.20% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 38.9 milioni di euro 3.108/ 3.978 euro netti al mese. 463 Deputati 303 Senatori. Sono 766 i pensionati ricchi, il 23.19% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 31.36 milioni di euro. Reversibili: 2.472 euro netti al mese. Le 1.064 reversibilità per un totale il 32.2% del totale pensionati 3.302 (reversibilità comprese) per una spesa complessiva annua pai a circa 34.2 milioni di euro. Il vitalizio si cumula con tutti i redditi e tutte le rendite: Il privilegio parlamentare non ha colore politico, tocca tutte le sponde partitiche, senza riguardi per i limiti d’età. Premia per cominciare il politico di professione, giovane leader di sinistra dal robusto curriculum, come Walter Veltroni, ex vicepresidente del Consiglio. Walter Veltroni somma lo stipendio di sindaco (5.500 euro netti mensili) con il vitalizio di 9000 euro lordi. Cinquantuno anni, consigliere comunale dal 1976, deputato dall’87, sindaco di Roma dal 2001, precoce in tutto l’attivissimo Walter è anche uno dei più giovani pensionati del nostro Parlamento: con 23 anni di contributi versati, dal 2005 riscuote dalla Camera un vitalizio mensile di 9 mila euro lordi (che si aggiunge allo stipendio del Campidoglio, di circa 5.500 euro netti). Non senza tormenti: consapevole del trattamento di favore rispetto ai comuni mortali che a partire dal prossimo anno potranno andare in pensione solo a 60 anni, Veltroni fa sapere di avere provato a rifiutare il vitalizio cercando di farlo congelare a Montecitorio; non essendoci riuscito (l’eventualità non è prevista dai regolamenti) alla fine ha deciso di distribuirlo in beneficenza alle popolazioni africane. Il privilegio è cieco al merito e dispensa i suoi vantaggi a prescindere dalle prestazioni lavorative fornite. Toni Negri, leader di Potere operaio, nel 1983 era detenuto per associazione sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello Stato. Per restituirgli la libertà, Marco Pannella lo inserì nelle liste radicali facendolo eleggere in Parlamento. Conquistato lo scranno, Negri mise piede alla Camera solo per sbrigare le pratiche connesse al suo insediamento. Dopo poche settimane, temendo di finire di nuovo in gattabuia, si diede alla latitanza in Francia senza mai più farsi vedere a Montecitorio. Ciononostante, oggi riscuote 3 mila 108 euro di pensione parlamentare senza avere prodotto nemmeno una legge: la sua personale vendetta contro lo Stato borghese. Ecco due delle sorprese che spuntano dalla lista delle pensioni elargite da Camera (in totale, 2.005 per una spesa di 127 milioni di euro l’anno) e Senato (1.297 per 59 milioni 887 mila euro) a favore degli ex parlamentari (nelle cifre sono comprese anche le 1.041 pensioni di reversibilità incassate dagli eredi di eletti defunti) e che per la prima volta ‘L’espresso’ pubblica in esclusiva. Veltroni e Negri non sono episodi isolati. Il privilegio del vitalizio per deputati e senatori non conosce infatti ostacoli e si cumula con tutti i redditi: Altri lo sommano ai redditi da lavoro dipendente, come chi è tornato a insegnare (come Marida Bolognesi dell’Ulivo) o alla retribuzione di commissario Enac (Vito Riggio, ex Dc, 150 mila euro lordi l’anno per questo incarico), alle nomine alle varie Authority (Mauro Paissan, Privacy, 144 mila euro lordi). Governo con vitalizio: Anche il vicepresidente del Senato Milziade Caprili, di Rifondazione, chiede una riforma: “Sarebbe bello se con un atto unilaterale la politica scegliesse la strada di un ridimensionamento dei propri privilegi”. Che ci pensi magari il governo, con la prossima ‘lenzuolata’ riformatrice? C’è da sperarlo, anche se proprio nei ranghi dell’esecutivo si annida un robusto, nuovo drappello di privilegiati costretti a dimettersi per gli accordi presi dai partiti della maggioranza. Curioso e fortunato destino, il loro. Fossero restati deputati o senatori non avrebbero potuto riscuotere il vitalizio; come ex, invece, nonostante incassino anche indennità e stipendi proprio in quanto viceministri e sottosegretari “non parlamentari” (198 mila euro l’anno) possono tranquillamente intascare anche la pensione. Cosi’ il privilegio del vitalizio per deputati e senatori si somma all’indennità di chi si è dimesso da parlamentare per entrare nel secondo governo Prodi, in tutto sono 2 viceministri e 18 sottosegretari, tre casi tra i tanti: il viceministro degli Esteri Ugo Intini, che oltre alla “paga” spettantegli come membro dell’esecutivo, prende un vitalizio di 8 mila 455 euro lordi; Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia che incassa 4.725 euro e Alfonso Gianni, sottosegretario allo Sviluppo economico, Rifondazione comunista, che a 56 anni riscuote anche una pensione di 6 mila 600 euro lordi al mese. E, naturalmente, si cumula anche con tutti i livelli di reddito, anche quelli più ragguardevoli. Susanna Agnelli, con 20 anni di contribuzione riscuote un vitalizio di 8 mila 455 euro al mese. Luciano Benetton, per 2 anni spesi a Palazzo Madama incassa una pensione di 3 mila 108 euro lordi. O per altre due ex star di Montecitorio, avvocati di professione, titolari di avviatissimi studi professionali, nel 2006 secondo e terzo, dopo Silvio Berlusconi, nella classifica parlamentare dei redditi dichiarati. Si tratta di Publio Fiori e Lorenzo Acquarone. Il primo, ex An, a fronte del milione e 400 mila euro di reddito annuo incassa quasi 10 mila euro al mese di vitalizio; mentre l’altro, Acquarone, Udeur, al milione 300 mila euro di Irpef aggiunge anche 9 mila 400 euro mensili di vitalizio parlamentare. Anche il vicepresidente del Senato Milziade Caprili, di Rifondazione, chiede una riforma: Riforma? Solo per gli altri. Infatti una cosa balza evidente sfogliando i riservatissimi regolamenti pensionistici relativi ai meccanismi di calcolo della pensione: i sacrifici previdenziali non sembrano riguardare i parlamentari. Le regole che si sono date stanno lì a dimostrarlo. Per i deputati è in vigore un regolamento approvato con una riforma dall’ufficio di presidenza nel luglio del 1997. Recita che gli onorevoli il cui mandato parlamentare sia iniziato successivamente alla XIII legislatura del 1996 conseguono il diritto alla pensione al raggiungimento dei 65 anni. L’unico vincolo è quello della contribuzione: devono essere stati fatti versamenti per almeno cinque anni, quelli di una legislatura piena. Così, almeno per l’età pensionabile, gli onorevoli sembrano allineati al resto della cittadinanza. Ma si tratta di un’illusione. Fissato il limite ecco gli sconti. Sì alla pensione a 65 anni ma, attenzione, l’età minima per il vitalizio scende di un anno per ogni ulteriore anno di mandato oltre i cinque. Sino a raggiungere il traguardo dei 60 anni. Ma non è finita. Una gran parte dei deputati risulta eletta prima del 1996. Per loro resta valida la normativa in vigore prima della riforma. E cosa stabilisce questa normativa? Che si ha diritto al vitalizio all’età di 60 anni, riducibili a 50 utilizzando tutti gli anni di mandato accumulati oltre i cinque minimi richiesti. Morale della favola? Con oltre tre legislature, per esempio 20 anni di contributi, si può andare in pensione addirittura sotto i 50 anni. Ancora più generosi si rivelano i senatori: sotto la spinta delle critiche degli anni Novanta, anche a Palazzo Madama hanno varato una riforma previdenziale con la quale gli eletti a partire dalla XIV legislatura del 2001 hanno diritto alla pensione solo a 65 anni e a condizione di aver svolto un mandato di cinque anni. Ma si tratta di pura apparenza. Fatta la norma, cominciano le deroghe. Anzitutto, per coloro che hanno conquistato lo scranno prima del 2001, per i quali il privilegio antico di riscuotere il vitalizio a 60 anni con una legislatura, a 55 con due e addirittura a 50 anni dopo tre mandati resta immutato. Ma un trucchetto c’è anche per gli eletti del 2001: quelli che avranno collezionato un secondo mandato potranno anch’essi scendere a 60 anni. Insomma, chi la dura la vince. Fine delle facilitazioni? Macché io la preferisco baby. Il comune cittadino può andare attualmente in pensione con 35 anni di contributi e 57 anni di età. Se lo scalone di Maroni non sarà toccato dal governo Prodi, dal prossimo anno ci vorranno addirittura 60 anni. Deputati e senatori potranno invece affrontare la vecchiaia con il conforto di ricche pensioni-baby. Secondo i regolamenti di Montecitorio e Palazzo Madama il diritto al vitalizio si acquisisce versando le quote contributive (attualmente 1.006 euro mensili) per almeno cinque anni di mandato. Davvero una bella differenza con i 20 anni di contributi minimi richiesti ai cittadini per la pensione di vecchiaia. E non basta. I parlamentari hanno voluto annullare anche gli effetti dell’instabilità politica che in Italia, si sà, porta sovente alla chiusura anticipata delle legislature. Come? Decidendo all’unisono che in questi malaugurati casi 2 anni e sei mesi di effettivo incarico sono sufficienti per il diritto alla pensione. Basta pagare contributi volontari per i due anni e mezzo mancanti. E senza nemmeno affannarsi con i versamenti: agli onorevoli parlamentari è infatti permesso di saldare anche a ‘fine mandato e in 60 rate’. Più facile di così! E sì che i richiami – opportuni – alla fine dello sperpero previdenziale in Parlamento risuonano quotidianamente: giù le mani dalle pensioni, la riforma Maroni e lo ’scalone’ non si toccano, tuona il centrodestra. In pensione a 60 anni se davvero vogliamo risanare i conti pubblici, rincarano i ‘riformisti’ di centrosinistra. Tranne poche eccezioni, quelle di rifondaroli, verdi e comunisti italiani, maggioranza e opposizione non sembrano nutrire dubbi sull’inopportunità di riportare a 57 anni il limite per la pensione. “Se si vive sino a 87 anni, come avviene oggi”, sentenzia Francesco Rutelli, “nessuno può pensare di avere una pensione da 57 a 87 anni”. Giusto. E difatti Confindustria aggiunge che con le nostre finanze disastrate non possiamo permetterci tanta generosità. Mentre la Ue ci marca stretto e invoca misure draconiane per stoppare le pensioni d’anzianità facili e i trattamenti di favore.


TITOLO- LE MIE ESTERNAZIONI; INDIRIZZO:
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E noi li paghiamo pure da morti…ultima modifica: 2013-05-23T18:37:00+02:00da patrizio-indoni
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