L’inadempienza dell’Ispettorato generale del Ministero di giustizia

Caso giudiziario. Il capo ufficio dell’Ispettorato generale Arcibaldo Miller del Ministero di giustizia a cui mio padre aveva denunciato la tragedia giudiziaria, è rimasto totalmente inadempiente, doveva svolgere la propria azione di controllo effettuando degli interventi Ispettivi, contro il tribunale e magistrati di Cagliari riguardo il suo caso, riconoscibili essenzialmente a quattro tipologie: 1) Ispezione ordinaria: costituisce una verifica disposta dal Capo dell’Ispettorato, allo scopo di accertare se i servizi procedano secondo le leggi, i regolamenti e le istruzioni vigenti. Le ispezioni di norma dovevano aver luogo ogni triennio; 2) Ispezione straordinaria: doveva essere ordinata dal Capo dell’Ispettorato, prima dello scadere del termine triennale, negli uffici in cui sono state riscontrate, e sono state denunciate, innumerevoli deficienze e irregolarità sul caso di mio padre e sottoscritto; 3) Ispezione mirata: il Ministro doveva in ogni tempo, disporre Ispezioni parziali negli uffici giudiziari, al fine di accertare la produttività degli stessi, nonché l’entità e la tempestività del lavoro svolto dai singoli magistrati; 4) Inchiesta amministrativa: il Ministro doveva avvalersi dell’Ispettorato generale per l’esecuzione di inchieste sul personale appartenente all’ordine giudiziario e su qualsiasi altra categoria di personale dipendente dal Ministero della giustizia. In tale ambito doveva essere inquadrata anche l’attività che l’Ispettorato generale doveva svolgere su delega del Consiglio superiore della magistratura (art. 8 legge 24 marzo 1958, n. 195) che conosceva perfettamente il caso denunciato da mio padre ma rimasto favorente magistrati disonesti. Inoltre, poiché il lavoro ispettivo è orientato alla verifica di tutte le condizioni necessarie al corretto esercizio della funzione giudiziaria, l’attività ispettiva doveva essere affidata a gruppi di Ispettori che costituiscono la cosiddetta “equipe ispettiva”, composta da magistrati, dirigenti e ufficiali giudiziari. Il capo-equipe doveva coordinare gli ambiti di intervento dei singoli Ispettori, assicurando lo scambio informativo e la circolazione di notizie tra di essi. Nel rispetto delle direttive fissate dal Capo dell’Ispettorato, l’attività preparatoria alle verifiche ispettive, coordinata dal Vice Capo dell’Ispettorato, doveva essere assicurata dai magistrati interni con funzioni amministrative. Costoro si dovevano avvalere dell’attività di supporto e di consulenza degli altri uffici dell’Ispettorato, quali: le segreterie del Capo e del Vice Capo, l’ufficio Studi, i reparti “Ispezioni”, “Informatica”, “Statistiche” e “Tabelle”. Perciò doveva effettuare una Attività interna: ossia le pratiche interne riguardanti esposti/denunce, segnalazioni, interrogazioni parlamentari e quant’altro, non direttamente riferite ad ispezioni in corso e ad inchieste amministrative, dovevano essere trattate dal Capo Arcibaldo Miller, dal Vice Capo e dai magistrati interni all’Ispettorato generale (nel caso di mio padre e ora lo scrivente) anche dal magistrato riferito dottoressa Fini con pratiche a perenne visione. Una Attività pre-ispettiva: ossia all’esito dell’individuazione delle sedi da sottoporre ad ispezione ordinaria, fatta dal Capo dell’Ispettorato, si doveva provvedere alla formazione delle equipe ispettive, la cui composizione doveva essere decisa dal Capo e dal Vice Capo dell’Ispettorato. Il capo-equipe doveva acquisire, per la sede da ispezionare, la documentazione necessaria alla conoscenza delle problematiche degli uffici, alla cui raccolta è preposta la segreteria del Capo dell’Ispettorato. Avevano riferito a mio padre che le pratiche non erano state archiviate, e, un Ispettore costava troppo!. La documentazione si doveva comporre di: relazione conclusiva della precedente ispezione, con particolare riguardo a tutte le segnalazioni, denunce e prescrizioni eventualmente emanate all’esito della stessa; relazioni sulla adeguatezza degli organici; relazioni conclusive di inchieste e di ispezioni mirate, svolte, per quella sede, nell’ultimo quinquennio; azioni disciplinari esercitate, nell’ultimo quinquennio, nei confronti dei magistrati della sede denunciata. Attività ispettiva: cioè la struttura organizzativa dell’Ispettorato doveva curare i primi contatti con gli uffici da ispezionare, inviando moduli, prospetti e materiale utile all’attività degli ispettori. Al termine della verifica, l’Ispettore doveva redigere una relazione nella quale indicava le irregolarità e le lacune riscontrate nei servizi e formula le proposte atte ad eliminarle (art. 9 co. 1 legge 12 agosto 1962, n. 1311). I dirigenti ed i funzionari ispettori, durante l’attività ispettiva, dovevano assicurare il rispetto assoluto della funzione giurisdizionale e procedere ad accertamenti incisivi e completi, in uno spirito di collaborazione con gli uffici ispezionati. Nel caso in cui sarebbe stato riscontrato (come è avvenuto) il perdurare di deficienze o di irregolarità già evidenziate in precedenza sul tribunale di Cagliari, il Capo dell’Ispettorato generale avrebbe dovuto informare il Ministro per i provvedimenti, anche di carattere disciplinare (art. 9 co. 4 legge 12 agosto 1962, n. 1311). Qualora nel corso delle ispezioni sarebbero stati accertati abusi o irregolarità gravi (come accaduto per mio padre e sottoscritto), l’Ispettore, doveva informare immediatamente il Capo dell’Ispettorato generale, formulando le proposte sui provvedimenti da adottare. Nei casi in cui il ritardo poteva determinare un danno (come avvenuto), l’Ispettore doveva impartire le disposizioni volte ad eliminare gli inconvenienti. Nell’ipotesi in cui sia stata disposta un’inchiesta nei confronti di un magistrato, al termine dell’indagine, il magistrato ispettore doveva chiedere informazioni al Capo dell’ufficio giudiziario e chiarimenti al magistrato sottoposto ad inchiesta. Il magistrato ispettore doveva, poi, riferire al Capo dell’Ispettorato generale in merito al servizio prestato dal magistrato interessato dall’inchiesta, con particolare riguardo alle qualità professionali dimostrate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e degli elementi che potevano avere rilevanza in sede disciplinare (art. 12 co. 3 legge 12 agosto 1962, n. 1311). Gli stessi criteri dovevano essere adottati per le inchieste da eseguire nei confronti dei funzionari (art. 12 co. 4 legge 12 agosto 1962, n. 1311). Al termine dell’inchiesta, il magistrato ispettore doveva redigere una dettagliata relazione alla quale allegava gli atti e i documenti acquisiti al fine di accertare la responsabilità disciplinare dell’inquisito (art. 12 co. 5 legge 12 agosto 1962, n. 1311). Il Capo dell’Ispettorato generale avrebbe dovuto trasmettere al Ministro la relazione d’inchiesta, formulando, sul caso, le proposte circa i provvedimenti da adottare (art. 12 co. 6 legge 12 agosto 1962, n. 1311). Al direttore generale competente, doveva essere trasmessa copia della relazione (art. 12 co. 7 legge 12 agosto 1962, n. 1311). Doveva, inoltre, redigere degli schemi ispettivi: ossia l’attività ispettiva sarebbe dovuta essere svolta con l’ausilio di schemi ispettivi predefiniti che costituiscono un vero e proprio manuale operativo, ad uso esclusivo degli ispettori, volto a rendere omogenee le modalità degli interventi ispettivi. Il capo ufficio Arcibaldo Miller doveva, quindi, impartire il carico di lavoro e l’attribuzione degli incarichi, concordate con i componenti dell’equipe alla luce della documentazione acquisita e delle informazioni ricevute, che dovevano essere comunicate dal capo equipe al magistrato interno, con un congruo anticipo rispetto alla data di inizio dell’Ispezione. Il Capo ufficio Arcibaldo Miller, non si è mai attenuto, perciò, alle mansioni di Ispettore generale senza ordinare le Ispezioni e le direttive di sua competenza su innumerevoli richieste di mio padre a seguito della certezza delle prove fornitegli, al di là di ogni ragionevole dubbio. Ogni qual volta mio padre si è rivolto presso i suoi uffici, ha cercato di spiegare che era stato denunciato ingiustamente per un tentato omicidio falso, non si attivava con i suoi magistrati interni, perchè sapeva che erano stati giustamente denunciati i giudici di Cagliari che ha favorito. Doveva dare il carico di lavoro, con la documentazione da mio padre abbondantemente spedita e acquisita ai suoi magistrati interni. Solo dopo si è scoperto che gli abusi e le gravissime irregolarità da mio padre denunciate, erano sottoposte a dei magistrati di Cassazione, tra cui lo stesso capo ufficio Arcibaldo Miller, i quali, avvisati tramite il passaparola di magistrati Cagliaritani, conoscendo anche i loro colleghi denunciati, quali, il sostituto procuratore generale della Cassazione Aurelio Galasso, l’ex procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli e l’ex procuratore generale della Cassazione Francesco Favara non redigeva un verbale dei magistrati di Cagliari sottoponendoli ad inchiesta con relazione alla quale si dovevano allegare documenti acquisiti, per accertare le responsabilità disciplinari degli inquisiti, tramite art. 12 comma 5 della legge del 12 agosto 1962 n. 1311. Era, perciò, inutile continuare a trasmettere denuncia all’ex ministro Angelino Alfano perchèmio padre ha denunciato il cosi detto Lodo Alfano ossia una legge “ad personam” che garantisce al politico di non essere sottoposto come tutti i cittadini a giudizio. Vergognoso!. Tali fatti sono sempre stati denunciati e richiesti da mio padre e sottoscritto all’ex ministro di giustizia Roberto Castelli, all’ex ministro di giustizia Clemente Mastella, all’ex ministro di giustizia Luigi Scotti e all’ex ministro di giustizia Angelino Alfano, i quali, sono rimasti inadempienti.

L’inadempienza dell’Ispettorato generale del Ministero di giustiziaultima modifica: 2013-02-13T08:39:00+01:00da patrizio-indoni
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